Dallo sport alla scuola: il potenziamento delle life skills in età evolutiva

settembre 27, 2012 in articoli psicologia dello sport, psicologia da claudia gambarino

di Claudia Gambarino

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E’ ormai riconosciuto da tempo l’importanza e il ruolo fondamentale della scuola nell’acquisizione di competenze psicosociali. L’OMS pubblica nel 1993 il documento “Life skills education for children and adolescents in schools” che contiene un’elenco delle abilità personali e relazionali utili per gestire positivamente le relazioni con se stessi e con gli altri. Il documento, pur essendo ormai datato, è ancora di estrema attualità e costituisce da anni la base di molteplici e variegati progetti in ambito scolastico.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea l’importanza di “mantenere nella scuola una attenzione mirata alla promozione delle competenze psicosociali, chiamate life skills, cioè delle competenze sociali e relazionali che mettono la persona in grado di fronteggiare in modo efficace le richieste e le sfide della vita quotidiana, sviluppando attitudini positive e adattative, nel rapporto con il proprio ambiente e con la propria cultura e mantenendo quindi un livello di benessere psicologico elevato”. Le life skills, infatti, “permettono ai ragazzi di affrontare in modo efficace varie situazioni, di rapportarsi con autostima a se stessi, con fiducia agli altri (dalla famiglia, alla scuola, agli amici, alla squadra). La mancanza di tali skill socio-emotive può causare in particolare nei ragazzi e nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta a stress”. Quindi le life skills rivestono un importante ruolo per un sano sviluppo e preparano l’adolescente per il futuro, promuovendo il suo benessere bio-psico-sociale.

In quanto strettamente intrecciate con i processi di apprendimento e di crescita, le competenze psicosociali costituiscono quindi una componente essenziale dei processi educativi e possono essere trasferite ad altri campi della vita.

Quelle che vengono indicate dall’OMS come centrali per la promozione e il benessere dei bambini e degli adolescenti, possono essere raggruppate in cinque principali aree:

 

Decision makingProblem solving Pensiero creativoPensiero critico Comunicazione efficaceCapacità di relazioni interpersonali Auto-consapevolezzaEmpatia Gestione delle emozioniGestione dello stress

 

 

Nonostante i numerosi progetti scolastici basati su tali competenze, sul potenziamento delle risorse personali, sullo sviluppo della resilienza e sulle strategie di coping, solo in tempi recenti la nozione di “life skills” è stata utilizzata per concettualizzare le tematiche dello sviluppo collegate alla partecipazione allo sport.

Se le life skills si possono definire come le abilità necessarie per rispondere alla richiesta di sfide della vita quotidiana è facile intuire come l’attività sportiva possa veicolare e promuovere in modo estremamente efficace tali competenze.

Già M. Talbot poneva l’accento sulla differenza tra “l’apprendere a muoversi” e il “muoversi per apprendere”, dove un’intera gamma di risultati di apprendimento che non sono specifici dell’educazione fisica, risulta possedere un grande valore educativo, facilitando lo sviluppo di competenze e abilità esportabili poi nel campo dello studio e nella vita quotidiana.

Attraverso lo sport si impara a darsi obiettivi e a rispettarli, utilizzando le strategie adeguate per raggiungerli oltre che a risolvere con creatività contesti dove si può incontrare un’alta variabilità, sia situazionale che ambientale. Inoltre nello sport vi sono regole che vanno rispettate e condivise con gli altri.

Vi è un valore importante nell’imparare a gestire la soddisfazione derivante dai successi, ma anche e soprattutto la frustrazione derivante da una sconfitta, sapendola ri-utilizzare come elemento di crescita. Il ragazzo che fa sport impara poi fin da piccolo a vivere con altri coetanei, apprendendo a socializzare e a cooperare in gruppo e ad aiutarsi reciprocamente, ma nello stesso tempo ad essere autonomo (per esempio nei ritiri senza genitori). Altro aspetto fondamentale risulta poi essere l’organizzazione, gestione e ottimizzazione del tempo, delle energie e dell’impegno nei confronti delle attività. Tramite lo sport si impara infine a conoscere e a gestire le proprie emozioni, in particolar modo l’ansia e lo stress.

Tutte queste competenze risultano fondamentali anche nel mondo scolastico e l’allenamento ad esse derivante dall’attività sportiva può facilitare un sano sviluppo psico-sociale del ragazzo.

Purtroppo tale ruolo dello sport non è ancora sempre riconosciuto e utilizzato per le sue potenzialità, essendo considerato in alcune realtà scolastiche, ancora in antitesi con lo studio e l’attività curriculare. Una maggiore integrazione e programmi che non penalizzino gli studenti/atleti (come per esempio quelli messi in atto nei licei della neve), potrebbero favorire una cultura educativa che tenga in debita considerazione lo sviluppo cognitivo, emotivo, sociale e motorio che tra loro si potenziano.

 

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L’ansia pre-gara

settembre 27, 2012 in articoli psicologia dello sport, psicologo sport da claudia gambarino

di Claudia Gambarino

START

Mancano pochi minuti alla partenza della gara… il cuore inizia a battere all’impazzata, il respiro si fa più affannoso, le gambe iniziano a tremare, i pensieri si susseguono velocemente: “gli altri sono proprio più forti… e se non ce la faccio?… riuscirò??… “.

Molti atleti,indipendentemente dal livello, si sono trovati almeno alcune volte in questa temibile situazione. Il fenomeno dell’ansia competitiva è estremamente diffuso. Non si tratta di una patologia, ma di una reazione psicofisiologica di attivazione di fronte ad una situazione di stress, di confronto o di minaccia. Il corpo reagisce e si prepara a quelle che sono le richieste della prestazione. La stessa cosa che avviene negli animali per essere pronti a lottare o fuggire ed è quindi un comportamento di sopravvivenza molto utile.

Infatti pensiamo ad un atleta che non sia attivato prima di una gara. La sua prestazione sarà altrettanto scadente di quella di un atleta troppo ansioso. E’ importante quindi conoscere il proprio livello di “attivazione ottimale”, dove non ci si sente né troppo scarico, demotivato o annoiato né troppo agitato e teso. Ogni sport necessita poi di livelli differenti di attivazione: nel tiro con l’arco o nel golf è necessario essere molto più calmi rispetto ad un sollevatore di pesi o di un centometrista che ha bisogno di potenza esplosiva.

Ma come riconoscere i segnali dell’ansia?

Ogni persona reagisce in modo differente: per alcuni sono più rilevanti sintomi fisici: batticuore, mal di stomaco, rigidità muscolare, ecc…; per altri invece sensazioni più mentali come difficoltà di concentrazione, pensieri negativi, calo di memoria, ecc.

In termini pratici è importante chiedersi cosa si avverte all’avvicinarsi della competizione e capire se l’attivazione viene interpretata in termini positivi o negativi. Se un atleta si avvertirà prima di una gara come “teso”, “ansioso”, “nervoso” sarà in una situazione molto differente da un atleta che percepirà il suo stato psicofisico come “grinta”, “carica”, “cattiveria”. Imparare a riconoscere i segnali ed a ristrutturare l’atteggiamento verso l’attivazione è un primo passo importante per poterla gestire al meglio.

Numerose sono poi le tecniche per modulare l’ansia, attraverso un vero e proprio “allenamento”, prima “a secco” e poi “sul campo”.

Attenzione: spesso si confonde questo allenamento con tecniche di rilassamento. Il rilassamento va sicuramente bene per alcuni atleti, ma non per tutti. L’obiettivo infatti non è essere calmi, ma essere pronti e concentrati per la gara, né troppo scarichi, né troppo tesi.

Ogni atleta può trovare quindi le tecniche più adatte, tra le quali vi sono le visualizzazioni, l’ipnosi, le tecniche di mindfulness e l’utilizzo di strumenti di biofeedback, con i quali è possibile monitorare e allenare il proprio stato psico-fisico.

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